MAWARU PENGUINDRUM
Durata | 24 episodi (24 min.) |
Titolo | MAWARU PENGUINDRUM |
Titolo originale | 輪るピングドラム Mawaru Pingudoramu |
Genere | Psicologico, Mistero, Soprannaturale |
Anno | 2011 (it. 2012) |
Regia | Kunihiko Ikuhara |
Soggetto | Ikuni Chowder (Kunihiko Ikuhara) |
Sceneggiatura | Kunihiko Ikuhara, Tayako Ikami |
Character design | Lily Hoshino (originale), Terumi Nishii |
Musiche | Yukari Hashimoto |
Una produzione | Brain’s Base |
In breve | Il Penguindrum è l’oggetto misterioso che Shoma e Kanba devono recuperare per salvare la vita della sorellina Himari, gravemente ammalata. Sembra trattarsi del diario di Ringo, una sedicenne innamorata di un loro insegnante. Ben presto, però, questa ricerca condurrà i protagonisti in un gioco molto più grande e complicato. |
Punti di forza | Ikuhara, a differenza di molti, ha davvero qualcosa da dire. Porta avanti un discorso ampio, complesso, profondo, sulla condizione dell’Uomo, tanto da singolo individuo, quanto da animale sociale. E lo fa servendosi di una grafica impeccabile accompagnata da una colonna sonora d’eccezione. |
Punti di debolezza | La sovrabbondanza allegorica ha un effetto disturbante sullo spettatore, soprattutto se le motivazioni sono pretestuose. Certi sviluppi narrativi sono abbandonati a se stessi. |
Visione del mondo | L’attuale società dei consumi è perversa e malata. D’altro canto, l’uomo è probabilmente solo in un Universo freddo e spietato, un mondo di ghiaccio privo di un qualsiasi principio trascendente. Ma forse al nichilismo c’è rimedio. |
Per approfondire | Una spiegazione completa ed esaustiva dell’opera, forse non sarebbe in grado di fornirvela neppure l’autore! Abbiamo perciò provato a scrivere una guida all’interpretazione di Mawaru-Penguindrum, per capire almeno il senso generale dell’opera. Consulta invece il dizionario dei simboli e delle allegorie – parte prima (A – M) e parte seconda (N – Z) se vuoi approfondire il realismo magico della serie attraverso i suoi elementi costitutivi. Ti sarai di certo domandato perchè ci sono degli omini stilizzati e senza volto o che funzione hanno i pinguini nell’economia della trama. Non può mancare infine un confronto con Madoka Magica. |
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INVITO ALLA VISIONE DI MAWARU PENGUINDRUM
Così come Madoka Magica non è il prototipo del majokko, Mawaru Penguindrum non è una sorta di Georgie 2.0. Le premesse ingannano. Eppure nell’anime sono disseminati moltissimi indizi di segno opposto che dovrebbero metterci in guardia dalla sua complessità visionaria. Se ancora non l’avete visto potrebbero tornarvi utili alcuni avvertimenti preliminari.
Una storia così infelice
Quando Kunihiko Ikuhara decide di realizzare Mawaru Penguindrum sono trascorsi dodici anni dalla Rivoluzione di Utena, il suo ultimo lavoro. Sebbene in televisione dichiari di avere avuto molto tempo libero in quel periodo, la vena creativa di Ikuhara non si interrompe. Si occupa di manga, romanzi e, come vocalist, di un concept album. La sua non è una vera e propria pausa artistica. Si può dire che non accantoni neanche la regia, perlomeno in veste di studente dell’American Film Institute di Los Angeles, dove frequenta alcuni corsi.
Mentre fa altro, raccoglie le idee per un progetto che ha in mente da lungo tempo. La trama rimane un po’ incerta fino a quando non vede un’illustrazione di Lily Hoshino raffigurante la Principessa di cristallo. E in quel momento trova l’ispirazione giusta. Ma il tema che Ikuhara intende affrontare è quasi un’ossessione che lo accompagna da anni: l’attentato al sarin nella metropolitana di Tokyo del 1995.
Gli sponsor sono perplessi e gli chiedono spiegazioni sulla scelta di raccontare una storia così infelice. Ikuhara dal canto suo non retrocede di un passo. Per lui, quella storia così infelice è di assoluta importanza, rappresenta la sua ragione di vita.
«Impressionante!» si lascerebbe scappare l’Uomo dal capolinea del destino (lo incontrerete a circa un terzo della serie). Ma già dagli antefatti è possibile approcciarsi alla visione di Mawaru Penguindrum con lo spirito giusto. Infatti tutto quello che Ikuhara è interessato a comunicare allo spettatore, la sua visione poetica, la critica sociale, le riflessioni sull’amore e il destino, con il monumentale apparato allegorico di riferimento, ruota intorno all’attentato del ’95.
Precauzioni per l’uso di Mawaru Penguindrum
Chiariamoci subito: Mawaru Penguindrum è un ottimo lavoro, estremamente originale e intellettualmente stimolante. Ma come avviene per Evangelion, la prima visione (ne servirà almeno una seconda) è spiazzante. Di quell’universo di significati che si staglia davanti a noi cogliamo, pur con molte riserve e approssimazioni, solo il senso generale.
Fin dalle più lineari prime puntate notiamo una sovrabbondanza di allegorie apparentemente vuote. La più fastidiosa (e probabilmente la più inutile) è la cascata di stelline che fuoriesce da una camera da letto come dal gabinetto di un bagno pubblico. Di solito compare quando si parla del destino, ma l’intento sembra volutamente parodistico. Non è affatto raro che Ikuhara si prenda in giro, confondendo lo stesso spettatore. Per districarsi nell’anime converrebbe forse usare il metodo del rasoio di Occam. Per dirla in altri termini, in Mawaru Penguindrum c’è tanta (troppa?) carne al fuoco e saremmo portati a scartare il superfluo. Una proposta da prendere in considerazione con cautela.
La storia di partenza in realtà è molto solida e non lontana dal genere commedia. Da un inizio difficoltoso per i tre protagonisti, sembra che il godibile intreccio sia destinato a sfociare nel suo naturale lieto fine. Ma i presupposti sono anche quelli di una fiaba moderna. Due fratelli devono riportare alla Principessa di cristallo un oggetto misterioso per salvare la vita alla sorella.
Lo stile visionario di Ikuhara avvicina però l’opera al realismo magico, anche se in prima battuta ci sfugge il motivo dell’utilizzo di certi espedienti che ci appaiono come dei preziosismi. Ad esempio, ai fini della trama sono così fondamentali i pinguini avatar dei fratelli Takakura? E la folla resa graficamente invisibile e stilizzata? E non è riduttivo confinare alla simbologia della metropolitana, fatta di cartelli, tornelli e visori l’urgenza vitale di parlare degli attentati del ’95?
Non lasciatevi depistare (Ikuhara lo farà continuamente) perché a metà della serie la cornice allegorica diventa il quadro e acquista il suo senso. Da qui in poi incomincia la vera storia. Si fa per dire, perché gli sviluppi narrativi, confusionari e lacunosi, passano in secondo piano. Ma a Ikuhara non importa più di tanto. Spreme le vicende dei singoli personaggi per spostare la sua attenzione verso l’Umanità, troppo semplicisticamente divisa in buoni e cattivi. Ma avremo modo di riparlarne a visione ultimata.